Hikikomori: fenomeno molto vicino
“Hikikomori” è un termine giapponese utilizzato per indicare un individuo che, volontariamente, si
è ritirato dalla vita sociale per un periodo che può andare dai sei mesi fino a molti anni. Il termine
“hikikomori” è composto da due parole: “hiku” che significa “l’assicurarsi un posto sicuro” e
“komoru” che significa “qualcosa di nascosto o che è sparito”. Un ragazzo sceglie di isolarsi poiché
non vuole far parte della società scegliendo un’autoreclusione estrema. Gli hikikomori hanno
sviluppato una visione dolorosa del mondo, il loro isolamento non deriva da una psicopatologia, ma
da una visione negativa e cinica della realtà circostante. Per poter parlare di hikikomori è necessario
che nel momento in cui l’individuo decide di abbandonare definitivamente la vita sociale non ci
siano altre patologie, tuttavia con il passare del tempo è probabile che queste si vengano a formare:
“Hikikomori non è una malattia, ma produce malattia”. Il ritiro in hikikomori nasce dalla necessità
che ha il ragazzo di prendersi un momento di pausa dalle pressioni che sente quotidianamente.
Inizialmente infatti è probabile che il ragazzo si senta bene, tuttavia con il tempo c’è il rischio che si
possa sentire “incastrato” e che possa sviluppare delle patologie come la dipendenza da internet e la
depressione. Gli eventi che spesso scatenano questo fenomeno sono legati al mondo della scuola e
possono essere il bullismo o ripetuti insuccessi scolastici. Generalmente l’isolamento avviene in tre
fasi. Nella prima fase si inizia a percepire un malessere legato alle relazioni sociali, di conseguenza
inizia una fase di isolamento in cui, nonostante si inizi a saltare la scuola, si mantengo alcune
relazioni principali. Nella seconda fase si incrementa la tendenza alla solitudine, qui si intensifica
anche l’utilizzo di internet e dei vari dispositivi elettronici. Infine nella terza e ultima fase si
abbandona qualsiasi contatto con il mondo esterno ed è qui che è più probabile che si sviluppino
delle psicopatologie. Tuttavia queste tre fasi non vanno viste come una sequenza rigida, infatti, il
soggetto può passare da una fase all’altra alternando periodi di miglioramento con periodi di
regressione. L’intervento risulta essere molto complicato e più passa il tempo e più sarà difficile
intervenire. Le tipologie di intervento principale sono la psicoterapia individuale (nei casi più gravi
anche domiciliare) e incontri di parent training.